Per chiunque lo percepisca, cosa c’è di peggio di veder cancellato il Reddito di cittadinanza? Di certo dover restituire tutti i soldi ricevuti dall’Inps. Ci sono alcuni casi in cui questa prospettiva può tramutarsi in una durissima realtà. Tentiamo di capire in che modo mettersi al sicuro, evitando dei gravi errori che potrebbero generare un gravissimo effetto domino.

Quando decade il Reddito di Cittadinanza

Sono svariate le circostanze che possono spingere l’Inps a richiedere la restituzione del denaro ricevuto attraverso il Reddito di Cittadinanza. Tralasciando l’ipotesi più ovvia, ovvero quella dell’intento truffaldino ai danni dello Stato, prendiamo in considerazione delle situazioni relativamente comuni, alle quali fare molta attenzione.

In molti percepiscono questo sussidio senza conoscerne le norme. Occorre specificare, quindi, che il Reddito decade in caso di truffa, ovvero qualora vengano fornite informazioni false al fine di ottenere le somme di denaro previste, che non sarebbero quindi dovute. Lo stesso dicasi in caso di dati omessi con lo scopo di ricevere il beneficio o un importo maggiore dello stesso.

Decadenza prevista anche nel caso in cui non vengano rispettati i previsti requisiti economici o si venga meno agli obblighi indicati dalla normativa (rifiuto di un’offerta di lavoro congrua). Di queste ipotesi, soltanto la prima comporta una procedura retroattiva, il che spingerebbe l’Inps a richiedere la restituzione del denaro inviato. Nelle altre situazioni descritte, invece, la decadenza agisce nel momento della verifica dei dati corretti.

Chi deve restituire i soldi del Reddito di Cittadinanza

Non sempre le persone che truffano lo stato in materia di Reddito di Cittadinanza lo fanno con piena convinzione. È il caso ad esempio di chi presenta un certificato Isee errato, ignorando del tutto la situazione. La legge non ammette ignoranza ed è impossibile dimostrare la buona fede del cittadino.

L’Inps potrebbe quindi avanzare richiesta di restituzione, avendo fornito un beneficio a chi non ne aveva diritto o, in alternativa, una cifra maggiore a chi avrebbe dovuto ricevere un quantitativo chiaramente inferiore. Questo è il caso anche di genitori non sposati o conviventi che non indicano il componente aggregato nella Dsu per ottenere l’Isee. Lo stesso dicasi per chi non indica nella Dsu i figli maggiorenti non conviventi, di età inferiore ai 26 anni, senza figli e non sposati, ancora nella condizione d’essere a carico dei genitori ai fini Irpef.

Da segnalare, poi, coloro che mancano di comunicare all’Inps qualsiasi variazione di grande rilevanza in quella che è la loro condizione di reddito e patrimonio. Basti pensare a chi trova lavoro e, dopo aver iniziato tale attività, evita di renderlo noto per riuscire a percepire, di fatto, un doppio stipendio. Tra le mancate comunicazioni che potrebbero spingere l’Inps a richiedere la restituzione dei soldi del Reddito di Cittadinanza ci sono anche i seguenti esempi:

  • reddito che si presume percepire nell’anno solare successivo all’avvio dell’attività lavorativa;
  • superamento dei requisiti patrimoniali per ottenere il beneficio al 31 dicembre dell’anno precedente;
  • un componente del nucleo familiare ha rassegnato le dimissioni volontariamente (eccezion fatta per le circostanze di giusta causa, ndr);
  • variazione del patrimonio immobiliare che comporti la perdita dei requisiti minimi entro 15 giorni dall’evento;
  • l’acquisizione di somme o valori superiori ai requisiti minimi per il Reddito di Cittadinanza entro 15 giorni dall’evento.