In merito al reddito di cittadinanza, una delle più importanti introdotte dal governo Meloni riguarda sicuramente la presentazione della DID, documento dal quale dipende il riconoscimento stesso del sussidio: cambiano infatti i termini ma anche le condizioni che confermano o, al contrario, potrebbero sospendere, il rilascio della card ai soggetti che l’hanno richiesta.

Reddito di cittadinanza: come funziona la DID e perché bisogna presentarla per non perdere il sussidio

La Legge di Bilancio 2022 ha introdotto importanti novità per quanto riguarda i requisiti di accesso al reddito di cittadinanza (qui come è cambiato il sussidio nel 2023). Confermata l’intenzione del governo Meloni di abolirlo definitivamente nel 2024, il sussidio sarà ancora erogato per un altro anno, ma in presenza di determinate condizioni (i primi assegni, però, stanno già saltando: ve ne abbiamo parlato qui).

A tal proposito, fondamentale sarà la presentazione della dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (DID): se prima infatti vi era l’obbligo di presentarla entro trenta giorni dal riconoscimento del beneficio (o al momento del primo incontro presso i Centri per l’Impiego), con le modifiche apportate, la domanda di RdC, resa dall’interessato all’INPS (per sé e per tutti i componenti maggiorenni del nucleo tenuti agli obblighi connessi alla fruizione del beneficio) equivale a dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro.

La richiesta che non contiene le dichiarazioni di immediata disponibilità al lavoro è considerata improcedibile.

La DID, quindi, diventa un documento cruciale per chi vuole continuare a godere del sussidio. Successivamente, infatti, la procedura di riconoscimento e assegnazione del reddito di cittadinanza seguirà due canali:

  • l’elenco dei beneficiari che hanno dichiarato immediata disponibilità a lavorare è trasmesso dall’INPS all’Agenzia Nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL);
  • i componenti il nucleo familiare che ha presentato richiesta devono fornire le integrazioni necessarie a completare la Dichiarazione di Immediata Disponibilità al lavoro all’ANPAL, attraverso gli usuali canali per la presentazione della DID, al fine procedere alla sottoscrizione dei Patti per il lavoro o dei Patti per l’inclusione sociale.

A questi soggetti, poi, verranno presentate tutta una serie di offerte di lavoro, ritenute “congrue” (qui le nuove disposizioni legislative), che se rifiutate comporteranno prima il taglio e poi la sospensione definitiva del reddito di sostegno.

Come cambia il reddito di cittadinanza: quante volte si può rifiutare ora un’offerta di lavoro?

Un altro passaggio che ha completamente cambiato l’aspetto assistenziale del reddito di cittadinanza è quello relativo al numero di offerte di lavoro che è possibile rifiutare ora, dopo l’approvazione definitiva della riforma voluta da Meloni.

Nell’ambito del Patto per il lavoro, il beneficiario deve accettare:

  • almeno una di due offerte congrue (prima erano tre);
  • in caso di rinnovo del beneficio, pena decadenza, la prima offerta di lavoro congrua.

Il rifiuto di un’offerta di lavoro congrua fa scattare una diminuzione mensile di 5 euro per ciascun mese a partire dal mese successivo a quello in cui si è eventualmente rifiutata un’offerta congrua. Al secondo rifiuto, il sussidio sarà revocato (prima accadeva al terzo rifiuto).

Reddito di cittadinanza sospeso: i casi di esclusione confermati

Vi sono determinate circostanze, confermate nel 2023, in cui il reddito di cittadinanza può essere sospeso. Nello specifico, il beneficio si perde quando uno dei componenti il nucleo familiare:

  • non effettua la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o non sottoscrive il Patto per il lavoro;
  • non partecipa, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione previste dal Patto di inclusione sociale (lo stesso vale in caso di mancata adesione ai progetti utili alla collettività promossi dal comune di residenza);
  • venga trovato, nel corso delle attività ispettive svolte dalle competenti autorità, intento a svolgere attività di lavoro dipendente, ovvero attività di lavoro autonomo o di impresa, senza averlo comunicato.

Inoltre, lo stesso vale per chiunque presenti dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere oppure ometta informazioni dovute solo per ottenere l’assegno mensile (in questo caso il reo è punito con la reclusione da due a sei anni). È prevista, inoltre, la reclusione da uno a tre anni nei casi in cui si ometta la comunicazione all’ente erogatore delle variazioni di reddito o patrimonio, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio. In entrambi i casi, è prevista la decadenza dal beneficio con efficacia retroattiva e la restituzione di quanto indebitamente percepito.