Matteo Renzi sarebbe pronto a fare sul serio sul referendum per abolire il reddito di cittadinanza e presto potrebbe presentare il quesito in Cassazione. Il senatore e leader di Italia Viva, che più e più volte si è espresso contro il sussidio bandiera del Movimento 5 Stelle, potrebbe però aver scelto il momento sbagliato per presentare la richiesta di referendum abrogativo e prima di chiamare gli italiani al voto potrebbe passare diverso tempo.
Reddito di cittadinanza, la promessa di Renzi
Anche se i numeri non mentono, con il reddito di cittadinanza che è servito a evitare ancor di più la povertà in Italia (vi abbiamo parlato qui della situazione nel paese), Renzi si è più volte schierato contro l’aiuto e ha cercato spesso una via per l’abolizione. Una delle ultime, in ordine di tempo, è la petizione lanciata sul sito di Italia Viva, una raccolta firme che si è rivelata un vero e proprio flop.
Dal lavoro dietro le quinte, quindi, l’ex presidente del Consiglio ha deciso di passare ai fatti, promettendo di presentare il quesito referendario già a partire dalle prossime ore. Il leader Iv, infatti, ha annunciato che martedì 19 luglio 2022 si recherà in mattinata alla Cassazione per depositare il quesito abrogativo sul reddito di cittadinanza, promessa fatta all’apertura dell’assemblea del partito.
Un giorno chiaro, con tanto di arrivo in Cassazione annunciato per le 10 annunciato da parte di Renzi che però potrebbe essere costretto a fare i conti con problemi ben più grossi, tra crisi di governo e tempistiche che non gli permetterebbero di vedere realizzato il suo intento di abolire il sussidio (qui vi abbiamo parlato della nuova “clausola” che mette a rischio il reddito di cittadinanza).
Referendum abrogativo, i tempi ostacolano Renzi
Presentare il quesito non comporta in alcun modo la certezza di andare al voto, in quanto dopo la tappa in Cassazione Italia Viva e Renzi avranno 90 giorni di tempo per raccogliere 500mila firme da consegnare entro fine settembre per dare validità alla richiesta. Dopo i controlli del caso da parte di Cassazione e Corte Costituzionale, Mattarella dovrebbe indire quindi il referendum tra aprile e giugno 2023, ma una legge del 1970 mette i bastoni tra le ruote a Renzi e i suoi.
Infatti, come recita la legge 325 del 25 maggio 1970 nessun referendum può essere richiesto “nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una delle Camere medesime”. E qui, quindi, arrivano i primi problemi.
A marzo 2023, infatti, terminerà la legislatura e quindi per tutto il 2022 non possono essere presentati quesiti di referendum. Inoltre, considerando che lo “stop” è anche per i successivi sei mesi dalle elezioni, prima dell’autunno 2023 non potrebbero essere presentate richieste di referendum. Così facendo si slitterebbe quindi a una richiesta verso settembre-ottobre 2023, con i tempi che si allungherebbero fino al 2024 e un voto che addirittura potrebbe non arrivare prima della primavera 2025.
Di sicuro, però, la voglia di Renzi di dire stop alla misura c’è e nonostante il tempo da attendere non è escluso che presto, nonostante gli ostacoli di tempo, si potrebbe andare al voto.